Gli incipit

Berlin. I lupi del Brandeburgo

di Fabio Geda - Marco Magnone

Lo sguardo di Nina vagò per il negozio di liquori: dal bancone coperto di polvere agli scaffali vuoti, dal pavimento ingombro di cocci alle finestre oscurate con pannelli di legno, e si fermò sul lato opposto della stanza - dove c'erano loro. Non aveva idea di chi fossero. Quello che sapeva è che durante la battaglia di Gropius Peter si era allontanato e si erano persi di vista, che si era ritrovata sola in mezzo alla bufera e che a un certo punto, dal vento e dalla neve, erano sbucate quelle creature bianche. Avevano fatto segno di seguirle, e lei, che non avrebbe saputo dove altro andare, aveva ubbidito.

Solo dopo aveva iniziato ad assalirla la paura. Quando nello spaccio in cui si erano rifugiati per la notte, non dovendo più proteggere gli occhi dal pulviscolo ghiacciato della bufera, li aveva osservati con attenzione alla luce delle candele. Non le piaceva il colore delle tute che indossavano, bianche come la pelle dei cadaveri, non le piacevano i grossi guanti che sembravano artigli, non le piacevano quelle mitragliette da cui non si separavano mai, ma soprattutto non le piacevano le maschere mollicce, sformate, dello stesso tessuto delle tute, con vetrini ovali al posto degli occhi, lunghe protuberanze simili a proboscidi all'altezza del naso e neppure una fessura per la bocca: teste da insetti giganti, o da mostri antichi e sanguinari come quelli delle leggende. Si era chiesta se avesse fatto bene a seguirli, ma la cosa strana era che, al tempo stesso, loro si comportavano come se quella pericolosa fosse lei: fin dal primo momento le si erano rivolti solo con gesti secchi, come se volessero tenerla a distanza, senza parlarle. Dentro lo spaccio le avevano indicato di andare a sistemarsi in fondo al negozio, dove Nina si era seduta su delle casse, aveva estratto dalle tasche due matite e un foglio stropicciato, e si era messa a disegnare.

Si trovavano lì da alcune ore quando, finalmente, una delle sei tute bianche si staccò dal gruppo, le si avvicinò, si accucciò sui talloni a un metro di distanza e chiese: "Cosa stai disegnando?"

Nina sgranò gli occhi. Che voce era quella? Aveva un tono che non sentiva da anni.

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A un passo dalle stelle

di Daniela Palumbo

"Perché ci sono passi che non farai... e ci sono strade che non troverai se non ti metti in cammino."

Giorgia è stata adottata e vuole ritrovare la sua vera famiglia. Giacomo e Matteo sono due fratelli che non vanno molto d'accordo. Viola, che il padre l'ha abbandonata da sola con sua madre e Gus con suo padre Leonardo, che vogliono riallacciare i loro rapporti. Tutti questi personaggi hanno in comune il fatto che percorreranno insieme, con i loro genitori, la via Francigena da Lucca a Roma, insieme alle loro guide Gaia e Fabien. Il cammino li riunirà tutti in un grande gruppo in cui nessuno avrà più segreti per l'altro.

Una sera Giorgia trova una lettera scritta da un certo Alessio, solo la prima di una serie. Le lettere di Alessio la accompagneranno, tappa dopo tappa...

Questo libro è veramente bello: parla di come il cammino riesce a cambiare le persone. In particolare io mi sono rispecchiata molto in Giorgia, non perché sia stata adottata, ma perché neppure io all'inizio, quando me l'hanno proposto, volevo camminare. Poi, però, tutto è cambiato: camminando ho trovato delle persone molto importanti per me, e adesso non vorrei più smettere. Ho capito quindi che questo libro, anche se non mi nomina, racconta la mia storia.



Nuova pasticceria Euforbia

di Luigi Ballerini

La signorina Euforbia guardava fisso l'orizzonte davanti a sé. La terra era ancora lontana. Solo il mare la circondava, un mare verde smeraldo. Era sempre stata convinta che il suo colore fosse solamente blu e si era sorpresa di essere arrivata alla sua età senza averne colto le diverse sfumature. C'era voluta quella crociera per scoprirlo, regalata dai suoi ex allievi dopo la distruzione della vecchia pasticceria per far posto al centro commerciale. Si erano messi insieme, i ragazzi, ognuno contribuendo secondo le proprie possibilità, e alla fine erano riusciti a prenotarle una vacanza in crociera, per una settimana; andava bene così perché di più a Euforbia, che non era mai stata via, sarebbe sembrato troppo. Niente da dire: i suoi amici avevano avuto un pensiero davvero gentile, le avevano offerto l'occasione di visitare paesi nuovi e incantevoli e si era anche riposata, oh sì, si era tanto riposata. Però quasi si sentiva euforica al pensiero di tornare a casa. Che dispiacere rientrare a fare le solite cose!, aveva sentito dire dalle persone attorno a lei nelle ultime ore e francamente non riusciva a capire quei musi lunghi. A lei le solite cose piacevano un sacco, anzi non vedeva l'ora di riprenderle. E poi non l'aspettavano le "solite cose", l'aspettava la Nuova Pasticceria Euforbia. Solo a pensarci non stava più nella pelle. La Nuova Pasticceria Euforbia avrebbe dovuto essere semplicemente splendida. L'inaugurazione era prevista per il ventuno marzo, non a caso il primo giorno di primavera, la stagione in cui le cose rinascono dopo il letargo dal freddo invernale.


L'albero delle bugie

di Frances Hardinge

a cura di Caterina Pediconi


"Il battello ondeggiava a un ritmo incessante, nauseabondo, come qualcuno che ruminasse un dente marcio. Le isole, appena visibili attraverso la foschia, anche quelle parevano denti, decise Faith. Non denti perfetti e bianchi di Dover, ma denti consumati, spezzati, che sbucavano storti dal mare grigio e increspato. Lo scafo si spingeva ostinato tra le onde, lordando il cielo di fumo viscido."


Oh, Boy!

di Marie-Aude Murail

a cura di Alice Polignino



Al numero 12 di rue Mercoeur a Parigi da due anni abitava la famiglia Morlevent. Tre bambini e due adulti, il primo anno. Tre bambini un adulto il secondo anno. E, quel mattino, solo tre bambini: Simeon, Morgane e Venise, quattordici, otto e cinque anni.

"Facciamo un giuramento" propose Morgane. "Giuriamo che nessuno potrà mai separarci. Eh, Simeon?"

Venise alzò la mano, pronta a giurare. Ma Simeon, il maggiore dei Morlevent, restava immerso nei suoi pensieri, seduto sulla moquette col la schiena appoggiata al muro. C'era appena... un'occhiata all'orologio... un quarto d'ora per salvare la situazione. L'assistente sociale stava per tornare. Aveva promesso a Simeon una "soluzione definitiva".

Fino a quel momento, gli aveva sfornato solo soluzioni provvisorie: la balia di Venise, la portinaia di fronte o la vicina di sopra. Ma quelle brave persone avevano troppa paura di vedersi rifilare tre orfani di quattordici, otto e cinque anni.

Conclusione: erano lì nel loro appartamento ad aspettare l'"assistente socievole", come la chiamava Venise.


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