Recensioni

                 Io non ho paura

di Nicola Ammaniti


proposta e recensione a cura di Caterina Pediconi


IO NON HO PAURA

CASA EDITRICE : GIULIO EINAUDI EDITORE S. P. A.
ANNO e LUOGO di PUBBLICAZIONE : Torino, 2001


Niccolò Ammaniti è nato a Roma nel 1996. Ha esordito con il romanzo Branchie (Ediesse 1994; Einaudi Stile libero 1997). Nel 1996 ha presentato la raccolta di racconti Fango (Mondadori) e nel 1999 il romanzo Ti prendo e ti porto via (Mondadori). Nel 2001 ha pubblicato Io non ho paura. È autore dei testi del fumetto Fa un pò male (Einaudi Stile libero 2004). I suoi libri sono stati tradotti in francese, tedesco, spagnolo, greco, russo e polacco.

Breve riassunto: Michele Amitrano è il protagonista, viveva in una cittadina: Acqua Traverse. Mentre lui e il suo gruppo di amici facevano una gara videro una collina molto grande che incominciarono a scalare. Michele arrivò per ultimo e dovette fare una penitenza. Consisteva nel dover attraversare una casa mal ridotta tra quelle dall'altra parte del versante. Precipitò su un materasso che copriva un buco, dentro c'era un ragazzo, incatenato, ma vivo. Dopo pochi giorni Michele tornò dal ragazzo e gli portò da mangiare, diventarono amici. Una sera si riunirono a casa Amitrano gli altri adulti del paese. Michele li spiò dalla sua camera. Quando guardò la tivù vide che al telegiornale si diceva di un bambino, che assomigliava molto a quello nel buco, che era stato rapito. Così Michele scoprì che il ragazzo si chiamava Filippo Carducci e che erano coinvolti proprio alcuni abitanti del paese. Alla fine il padre di Michele cerca di uccidere Filippo, ma solo troppo tardi si accorse di aver sparato alla gamba di suo figlio. Filippo riuscì a scappare. Il padre di Michele capì di aver fatto un grande sbaglio.

Commenti:

«Ammaniti è stato bravissimo nel tenere sempre la sordina e nell' evitare chiaroscuri semplicistici. (~) Ha lavorato con sagacia sui due piani della collettività omertosa, meschina e pasticciona, e dell' ingenuità fantasiosa e caritatevole del protagonista». Cesare Segre sul Corriere della Sera.

«Trovo perfetta, da un punto di vista narrativo, la crudeltà dei ragazzi che a un certo punto impalano una gallina, mentre trovo ordinaria e già vista tutta la storia del bambino rapito, della madre che parla alla televisione, della polizia che arriva, alla fine, come in tutti i film, con le luci e l' elicottero».

DELITTO E CASTIGO

di

FEDOR DOSTOEVSKIJ

proposta e recensione a cura di Giorgia Radaelli


Raskòl'nikov è un giovane studente ossessionato dall'idea della libertà assoluta, cui ha diritto, secondo lui, l'uomo superiore, al quale tutto è lecito.

Si convince così che per uscire dalla miseria in cui vive è giusto uccidere l'usuraia Aljona, essere inferiore, che sfrutta la disperazione altrui e la cui esistenza è del tutto inutile.

Riesce a realizzare il suo piano criminale, ma è costretto ad uccidere anche la mite Lizavèta, sorella della vittima.

Sfida la polizia, nella figura dell'implacabile giudice Porfirij, convinto della sua colpevolezza, quasi a voler provare la propria superiorità.

Presto l'esaltazione cede all'angoscia e il tormento spirituale non gli permette di essere libero come pensava. Comincia a frequentare i più miserabili ambienti di Pietroburgo, dove incontra autentici relitti umani, che si rivelano però ricchi di umanità.

Incontra l'ubriacone Marmeladov e sua figlia Sonja, una creatura pura nonostante sia costretta a prostituirsi per sostenere la famiglia. Di fronte alla morale evangelica del sacrificio e alla legge dell'amore che Sonja gli propone, crolla definitivamente la fede che Raskòl'nikov nutriva in se stesso. Con lei trova il coraggio di confessarsi e di costituirsi.

In Siberia dove Sonja gli resta accanto, Raskòl'nikov comprende che solo attraverso il castigo e la sofferenza riuscirà a liberarsi del senso di colpa e a trovare quella libertà tanto cercata, raggiungibile solo attraverso l'amore e la disponibilità verso il prossimo.

QUARTA DI COPERTINA

Apparso nel 1866, Delitto e castigo fu l'opera che diede a Dostoevskij la fama e rimane forse ancora oggi il suo romanzo più celebre. Intessuto di una grande complessità di temi, riflette i principali motivi che agitarono la Russia di metà Ottocento e l'animo dell'autore: dagli ideali protosocialisti a un superomismo quasi nietzschiano, fino al misticismo messianico tipicamente slavo. Il racconto ruota intorno alla vicenda del giovane Raskòl'nikov che, spinto dalla miseria ma soprattutto da considerazioni teoriche, uccide un'anziana usuraia condannandosi così al rimorso e alla nevrosi, trovando infine pace nell'espiazione e nell'amore per una creatura pura, la dolce Sonja. Delitto e castigo è dunque il romanzo della perdizione, ma di una perdizione che, proprio nel suo momento più fondo, trova una luce che la redime. E in ognuno dei tantissimi personaggi, tratteggiati con impareggiabile maestria psicologica, rivive una scintilla di bontà soffocata dall'orrore, eppure ancora viva e palpitante di speranza.

IL MIO COMMENTO

Penso che Fedor Dostoevskij sia uno dei più grandi scrittori della storia. Ha una capacità incredibile di render semplice il più difficile dei romanzi, intriga con la storia del giovane protagonista e dei tanti  personaggi che riescono alla fine a rimanere impressi nella mente lettore. Dostoevskij tramite questo libro insegna che non c'è punizione più crudele di quella che ci infliggiamo da soli; infatti secondo lui, e anche secondo me, i peggiori giudici di noi stessi siamo proprio noi. Penso infatti che non sia quello che pensano gli altri a preoccuparci ma  quello che noi pensiamo di noi stessi. Credo che in realtà ognuno dentro di se' abbia un po' di Raskòl'nikov: da una parte ci sentiamo superiori a tutto e tutti, ci sentiamo come se potessimo giudicare tutto e tutti senza che nessuno trovi qualcosa da ridire contro se stesso; dall'altra viviamo una continua scoperta di noi stessi ogni volta che veniamo accusati. Raskòl'nikov in questo libro passa dall' essere accusatore ad accusato e ci fa capire come è vero il fatto che nessuno è senza macchia, che tutti commettono errori, ma  pochi pensano che questi possano diventare la ragione della nostra accusa. E' certamente una lettura molto impegnativa, sono circa 600 pagine, ma credo che ne valga assolutamente la pena.

BREVE BIOGRAFIA DELL'AUTORE

Nato a Mosca nel 1821, Dostoevskij rimase presto orfano di madre; il padre, un medico militare, morì in seguito, alcolizzato. Studiò ingegneria all'Istituto militare di San Pietroburgo. Dopo un periodo a Mosca (1843) come impiegato statale, si dimise per dedicarsi alla letteratura. Nel 1846 uscirono i fortunati racconti di Povera gente e il romanzo Il sosia.

Permeato, come molti altri intellettuali, da idee socialiste e utopiste, Dostoevskij aderì a un gruppo di giovani liberali. Nel 1849 fu arrestato dalla polizia e, dopo otto mesi di carcere, condannato a morte (22 dicembre 1849); fu quindi condotto, insieme ad altri diciannove compagni, sul luogo dell'esecuzione; poco prima che i gendarmi facessero fuoco, gli fu annunziata la commutazione della pena in quattro anni di lavori forzati in Siberia. Durante la prigionia si ammalò di epilessia. Scontata la pena, si arruolò come soldato. Nel 1857 sposò una vedova, ma se ne separò presto.

Nel 1859 poté rientrare a San Pietroburgo, dove si tuffò nell'attività letteraria: con il fratello Michail e altri fondò la rivista Vremja (Il tempo); quindi pubblicò alcuni scritti umoristici e nel 1861 le Memorie da una casa dei morti, sulla vita di deportato in Siberia. Il libro colpì lo zar Alessandro II e gli procurò nuova fama, rinsaldata da altri romanzi: Umiliati e offesi (1861), Ricordi dal sottosuolo (1864), Delitto e castigo (1866).

Nel 1866 si risposò con la giovane stenografa Anna Snitkina; poco dopo i due coniugi dovettero fuggire dalla Russia per debiti. Rimasero all'estero per alcuni anni (1867-71), passando dalla Germania alla Svizzera, a Firenze. La morte di una figlioletta, vissuta pochi giorni appena, suscitò nello scrittore un doloroso immenso. L'idiota (1868-69) fu accolto freddamente, ma I demoni (1873) ottenne grande successo. Dostoevskij e la moglie poterono così rientrare a San Pietroburgo. Pressato dai creditori e dagli impegni con gli editori, scrisse e pubblicò altri due grandi romanzi, L'adolescente (1875) e I fratelli Karamazov (1879-80). Dal 1873 e con vari intervalli Dostoevskij compilò il Diario di uno scrittore, originale dialogo giornalistico con i lettori sui temi più scottanti del momento.

La sua fama era al culmine: nel giugno 1880 tenne la commemorazione pubblica, a Mosca, del centenario di Puskin. Morì il 28 gennaio 1881, onorato con funerali solenni.


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