Raskòl'nikov
è un giovane studente ossessionato dall'idea della libertà assoluta, cui ha
diritto, secondo lui, l'uomo superiore, al quale tutto è lecito.
Si
convince così che per uscire dalla miseria in cui vive è giusto uccidere
l'usuraia Aljona, essere inferiore, che sfrutta la disperazione altrui e la cui
esistenza è del tutto inutile.
Riesce a
realizzare il suo piano criminale, ma è costretto ad uccidere anche la mite
Lizavèta, sorella della vittima.
Sfida la
polizia, nella figura dell'implacabile giudice Porfirij, convinto della sua
colpevolezza, quasi a voler provare la propria superiorità.
Presto
l'esaltazione cede all'angoscia e il tormento spirituale non gli permette di
essere libero come pensava. Comincia a frequentare i più miserabili ambienti di
Pietroburgo, dove incontra autentici relitti umani, che si rivelano però ricchi
di umanità.
Incontra
l'ubriacone Marmeladov e sua figlia Sonja, una creatura pura nonostante sia
costretta a prostituirsi per sostenere la famiglia. Di fronte alla morale
evangelica del sacrificio e alla legge dell'amore che Sonja gli propone, crolla
definitivamente la fede che Raskòl'nikov nutriva in se stesso. Con lei trova il
coraggio di confessarsi e di costituirsi.
In Siberia
dove Sonja gli resta accanto, Raskòl'nikov comprende che solo attraverso il
castigo e la sofferenza riuscirà a liberarsi del senso di colpa e a trovare
quella libertà tanto cercata, raggiungibile solo attraverso l'amore e la
disponibilità verso il prossimo.
QUARTA
DI COPERTINA
Apparso
nel 1866, Delitto e castigo fu l'opera che diede a Dostoevskij la fama e rimane
forse ancora oggi il suo romanzo più celebre. Intessuto di una grande
complessità di temi, riflette i principali motivi che agitarono la Russia di
metà Ottocento e l'animo dell'autore: dagli ideali protosocialisti a un superomismo
quasi nietzschiano, fino al misticismo messianico tipicamente slavo. Il
racconto ruota intorno alla vicenda del giovane Raskòl'nikov che, spinto dalla
miseria ma soprattutto da considerazioni teoriche, uccide un'anziana usuraia
condannandosi così al rimorso e alla nevrosi, trovando infine pace
nell'espiazione e nell'amore per una creatura pura, la dolce Sonja. Delitto e
castigo è dunque il romanzo della perdizione, ma di una perdizione che, proprio
nel suo momento più fondo, trova una luce che la redime. E in ognuno dei
tantissimi personaggi, tratteggiati con impareggiabile maestria psicologica,
rivive una scintilla di bontà soffocata dall'orrore, eppure ancora viva e
palpitante di speranza.
IL
MIO COMMENTO
Penso che Fedor Dostoevskij sia uno dei più grandi scrittori della storia. Ha una capacità incredibile di render semplice
il più difficile dei romanzi, intriga con la storia del giovane protagonista
e dei tanti personaggi che riescono alla fine a rimanere impressi nella mente lettore. Dostoevskij
tramite questo libro insegna che non c'è punizione più crudele di quella che ci
infliggiamo da soli; infatti secondo lui, e anche secondo me, i peggiori
giudici di noi stessi siamo proprio noi. Penso infatti che non sia quello che pensano
gli altri a preoccuparci ma quello che noi pensiamo di noi stessi. Credo che in realtà ognuno dentro di se' abbia un po'
di Raskòl'nikov: da una parte ci sentiamo superiori a tutto e tutti, ci
sentiamo come se potessimo giudicare tutto e tutti senza che nessuno trovi
qualcosa da ridire contro se stesso; dall'altra viviamo una continua scoperta di
noi stessi ogni volta che veniamo accusati. Raskòl'nikov in questo libro passa
dall' essere accusatore ad accusato e ci fa capire come è vero il fatto che
nessuno è senza macchia, che tutti commettono errori, ma pochi pensano che questi possano diventare la ragione della
nostra accusa. E' certamente una lettura
molto impegnativa, sono circa 600 pagine, ma credo che ne valga assolutamente
la pena.
BREVE BIOGRAFIA DELL'AUTORE
Nato a
Mosca nel 1821, Dostoevskij rimase presto orfano di madre; il padre, un medico
militare, morì in seguito, alcolizzato. Studiò ingegneria all'Istituto militare
di San Pietroburgo. Dopo un periodo a Mosca (1843) come impiegato statale, si
dimise per dedicarsi alla letteratura. Nel 1846 uscirono i fortunati racconti
di Povera gente e il romanzo Il sosia.
Permeato,
come molti altri intellettuali, da idee socialiste e utopiste, Dostoevskij
aderì a un gruppo di giovani liberali. Nel 1849 fu arrestato dalla polizia e,
dopo otto mesi di carcere, condannato a morte (22 dicembre 1849); fu quindi
condotto, insieme ad altri diciannove compagni, sul luogo dell'esecuzione; poco
prima che i gendarmi facessero fuoco, gli fu annunziata la commutazione della
pena in quattro anni di lavori forzati in Siberia. Durante la prigionia si
ammalò di epilessia. Scontata la pena, si arruolò come soldato. Nel 1857 sposò
una vedova, ma se ne separò presto.
Nel 1859
poté rientrare a San Pietroburgo, dove si tuffò nell'attività letteraria: con
il fratello Michail e altri fondò la rivista Vremja (Il tempo); quindi pubblicò
alcuni scritti umoristici e nel 1861 le Memorie da una casa dei morti, sulla
vita di deportato in Siberia. Il libro colpì lo zar Alessandro II e gli procurò
nuova fama, rinsaldata da altri romanzi: Umiliati e offesi (1861), Ricordi dal
sottosuolo (1864), Delitto e castigo (1866).
Nel 1866
si risposò con la giovane stenografa Anna Snitkina; poco dopo i due coniugi
dovettero fuggire dalla Russia per debiti. Rimasero all'estero per alcuni anni
(1867-71), passando dalla Germania alla Svizzera, a Firenze. La morte di una
figlioletta, vissuta pochi giorni appena, suscitò nello scrittore un doloroso
immenso. L'idiota (1868-69) fu accolto freddamente, ma I demoni (1873) ottenne
grande successo. Dostoevskij e la moglie poterono così rientrare a San
Pietroburgo. Pressato dai creditori e dagli impegni con gli editori, scrisse e
pubblicò altri due grandi romanzi, L'adolescente (1875) e I fratelli Karamazov
(1879-80). Dal 1873 e con vari intervalli Dostoevskij compilò il Diario di uno
scrittore, originale dialogo giornalistico con i lettori sui temi più scottanti
del momento.
La sua
fama era al culmine: nel giugno 1880 tenne la commemorazione pubblica, a Mosca,
del centenario di Puskin. Morì il 28 gennaio 1881, onorato con funerali
solenni.